AUTORIAMO – Ade Zeno

Tra le nuove uscite apparse in questo inizio di 2024 nel panorama editoriale nostrano, alcune hanno lasciato il segno. Tra queste, I Santi Mostri di Ade Zeno, edito da Bollati Boringhieri.
Un romanzo che indaga nell’intimo, che scava nelle ombre dell’animo umano e che, poi, scivola via, con uno stile immediato e poetico assieme.
AUTORIAMO oggi racconta Ade Zeno.


Dove e quando è nata l’idea di scrivere un romanzo sui Santi Mostri?

La prima versione del romanzo – in cui sia l’intreccio, sia i personaggi erano già presenti così come li troviamo oggi – risale al 2013. Ai tempi si intitolava Polifemo, e con questo titolo venne proposto a svariati editori, senza successo. Nello stesso periodo lo lesse anche Leonardo G. Luccone, il mio futuro agente: gli piacque, ma mi consigliò di farlo riposare ancora, in attesa che venisse il suo momento. Così iniziammo a lavorare su un altro libro, L’incanto del pesce luna, uscito nel 2020. Insomma, è un’idea che parte da molto lontano, così come la mia fascinazione verso la mostruosità e l’insolito, con cui faccio i conti fin dall’infanzia.

Il romanzo presenta una storia all’interno della Storia: com’è stato incastrare questi molteplici tasselli? 

È vero, i riferimenti a personaggi reali e a eventi realmente accaduti sono ampiamente documentati, ma etichettare I Santi Mostri come romanzo storico sarebbe uno sbaglio: la scelta di collocarmi in un contesto ben definito e riconoscibile (la Germania dagli anni ’20 alla fine della Seconda guerra mondiale) deve essere letta solo in quanto punto di partenza per affrontare temi universali – aggiungerei attuali – come il valore della diversità, il potere sovversivo dell’arte, la violenza del Male istituzionalizzato. Sussiste, questo sì, il gioco della verosimiglianza attraverso la rivisitazione, grazie al quale ho provato a incrociare vicende immaginarie con luoghi, avvenimenti e persone reali (famosi artisti attivi nei cabaret della Repubblica Weimar, dive come Marlene Dietrich, fino all’azzardo di far intervenire Adolf Hitler in persona). In altre parole, la Storia è un pretesto. Tutto il resto è storia.

Nella narrazione vi è un sacco di materia da scoprire legata a vari campi: storia, ovviamente. Ma anche altro: penso, ad esempio, alla parte in cui si descrivono le farfalle, oppure al capitolo in cui si descrivono le opere di Wagner o ancora quando si parla dei metodi di tortura del periodo. Sono conoscenze personali o qualcosa di acquisito ad hoc per la stesura del romanzo?

Mi sono documentato, studiando molto: è il minimo che si possa fare se non si vuole passare per cialtroni. Di sicuro il periodo storico affrontato nel libro mi ha sempre affascinato, quindi le conoscenze di base erano già metabolizzate. Ma alcuni aspetti hanno richiesto ulteriori approfondimenti, così nel corso della lavorazione ho consultato numerose monografie sul nazismo, e in particolare sui medici responsabili del famigerato «Programma Action T4». Per la parte dedicata ai lepidotteri ho fatto ricorso ai manuali di entomologia, dai quali ho attinto preziose informazioni sulla tassonomia degli insetti, e sulle procedure di conservazione delle farfalle.



Veniamo ai protagonisti… Questi Santi Mostri. Inizialmente uno, poi due, poi una compagnia che diventa famiglia. Qual è stato l’elemento che più di tutto è riuscito a unirli? Si sono davvero uniti?

Sono ragazzi che in un modo o nell’altro hanno sempre patito l’abbandono e l’emarginazione. A unirli è il bisogno di sentirsi al sicuro, accolti da una famiglia (molto queer, si direbbe oggi) con cui condividere la straordinarietà di una bellezza che va oltre l’aspetto fisico.

Gebke Bauer è colui da cui tutto nasce, è la mente, ma è anche la personalità più schiva, quella che resta ai margini della stessa famiglia che riesce a creare. Perché non riesce a lasciarsi andare? Come lo si può descrivere?

Gebke è l’unico membro della compagnia affetto da un’anomalia anatomica poco evidente, la polidattilia. Le dodici dita possono essere facilmente nascoste da un paio di guanti, mentre i suoi compagni esibiscono deformità impossibili da mascherare. Potremmo definirlo mostro ibrido, un po’ a metà strada, e probabilmente è proprio questo status obliquo a rendergli le cose più difficili. Di sicuro è il personaggio che mi somiglia di più.

Parliamo un po’ di Polifemo…

Sono molto legato a Polifemo, anche perché è stato il primo personaggio su cui ho lavorato: arriva solo a metà romanzo, ma la storia non avrebbe preso inizio senza di lui. In fondo è l’unico vero “mostro” della compagnia, perché a differenza di tutti gli altri è affetto da una malformazione davvero unica, potremmo dire mitologica. Se il tempo e le energie me lo consentiranno, continuerò la sua storia nel prossimo libro, su cui sto già lavorando.

Quanta solitudine c’è in questi personaggi? E quando la solitudine diventa un peso?

È la solitudine degli emarginati, degli oppressi, quel tipo di isolamento che colpisce chi vive fuori dagli schemi della cosiddetta normalità. Solitudini di questo tipo possono uccidere, se non si ha la fortuna di incontrare qualcuno in grado di comprenderle e di prendersene cura. Ma spesso bisogna avere l’inferno dentro per partorire una stella danzante.



C’è spazio per molta umanità in questo romanzo, anche nelle sue sfumature più negative: penso, ad esempio, all’invidia che prova Jörg in una determinata circostanza. Quanto è stato (se lo è stato) complesso porre la vasta gamma di emozioni su carta? 

Fare i conti con le emozioni e l’umanità dei propri personaggi è sempre una sfida, perché significa scavare in un magma molto intimo, che in certi casi può risultare addirittura scabroso. Trattandosi di un romanzo piuttosto corale, inoltre, la gamma di sfumature si è amplificata all’ennesima potenza. Non è stato per niente semplice, lo confesso, e in più occasioni lo scoramento ha preso il sopravvento. Ma anche se detesto scrivere, mi conforta sempre l’idea di aver scritto. Alla lunga, direi che ne vale la pena.

Prima nascosti e soli, poi ammirati e applauditi, infine nuovamente celati al mondo per tentare di sopravvivere. Perché queste persone straordinarie generavano sentimenti così estremi, a tratti ossimorici? Repulsione o ammirazione: qual è la linea di confine?

A differenza dei mostri fantastici, i cosiddetti freaks hanno sempre suscitato nel pubblico sia orrore sia simpatia, perché si tratta di esseri insoliti in cui è possibile riconoscere qualcosa di profondamente umano. Il bizzarro ci attrae perché fa parte di noi, forse nella sua essenza si nascondono i nostri lati più oscuri. Nel caso della compagnia dei Santi mostri, però, ho voluto fin da subito legare il suo successo alle grandi abilità degli artisti che ne fanno parte. È solo la loro bravura a incantare il pubblico, la loro bellezza intrinseca.

Il vero mostro chi è?

I mostri più pericolosi, per come la vedo io, sono quelli che rivendicano il diritto di imporre un’idea di norma che non prevede negoziati con chi ne immagina una diversa. Ma l’intolleranza riguarda tutti, prima o poi, da questa dinamica non si salva nessuno. Il mostro che ci abita è sempre pronto a saltare fuori.

N.B. Le illustrazioni presenti in questo articolo sono tratte dal volume L’incredibile famiglia Appenzell di Sébastien Perez e Benjamin Lacombe, edito da Rizzoli.


Un tuffo nel libro…

Titolo: I Santi Mostri
Autore: Ade Zeno
Data d’Uscita: 13 Febbraio 2024
Editore: Bollati Boringhieri
Prezzo: 16,15 (Cartaceo – Link Affiliato)

Trama: Tutto ha inizio in una sera estiva del 1924, quando lo scimmiesco Jörg Brandt esce di casa senza dire niente a nessuno portando con sé due grosse valigie e un cuore pieno di formiche rosse. Al suo fianco Gebke Bauer, il «ragazzo dalle dodici dita», fraterno complice nella formidabile impresa dei Santi Mostri, una compagnia di artisti deformi destinata, nel ventennio successivo, a incantare i palcoscenici dell’intera Germania. L’uomo piovra, la donna dal doppio sorriso, l’acromegalico gigante Nikolaus, il giovane Polifemo, sono solo alcuni dei protagonisti che seguiranno Jörg e Gebke in un lungo viaggio fatto di trionfi, cadute, e incontri straordinari. Dai primi spettacoli sotto il fatiscente tendone del Circo Vogt, ai vagabondaggi a bordo di un buffo veicolo chiamato Geraldine, sfileranno insieme, con infantile allegria, ai margini di eventi molto più grandi e spaventosi di loro: l’ascesa al potere di Hitler, le leggi razziali, lo scoppio della Seconda guerra mondiale, ma soprattutto il programma Aktion T4, criminoso piano nazista finalizzato allo sterminio delle «vite indegne di essere vissute». In un mondo sprofondato nelle tenebre e sempre più incapace di riconoscere la bellezza nella diversità, armati della sola arte i Santi Mostri si troveranno così a condividere il tragico destino dei reietti in fuga. Dopo “L’incanto del pesce luna”, Ade Zeno torna con un romanzo avventuroso e malinconico, in bilico fra realtà e meraviglia, che attraverso il linguaggio della fiaba grottesca rivisita la figura del freak per parlare ancora una volta del mostro che vive in ciascuno di noi.

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